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6 Giugno 2025

Non chiudete quella porta, in sala il doc dedicato a Porta Portese

Un film documentario di Francesco Banesta e Matteo Vicentini Orgnani dedicato a uno dei luoghi più mitologici della capitale d’Italia, e un transito umano, antropologico, storico, di rara potenza

Arriva nelle sale dal 9 giugno Non chiudete quella porta di Francesco Banesta e Matteo Vicentini Orgnani, il film documentario dedicato a uno dei luoghi più mitologici della capitale d’Italia, e un transito umano, antropologico, storico, di rara potenza: il mercato di Porta Portese. Prodotto da  39 FILMS e Luce Cinecittà – che lo distribuisce nei cinema – il film ha vinto come Miglior documentario italiano all’ultimo RIFF – Rome Independent Film Festival con questa motivazione: “Attraverso volti che sembrano eterni, il film ci accompagna in uno dei luoghi più identitari della capitale, e attraverso uno sguardo intimo, restituisce il ritratto universale di un cambiamento inarrestabile della società. Porta Portese, come la Merchè aux puces a Parigi o Portobello a Londra, per citarne alcuni, sono tesori che andrebbero protetti come monumenti preziosi lasciando che le loro porte restino aperte sempre, per evitarne la fine”.

Non chiudete quella porta vedrà la sua prima lunedì 9 giugno a Roma alle 19.30 al Cinema Troisi, alla presenza degli autori. Arriverà poi a Torino, Firenze, Milano, Bergamo, Brescia.

 SINOSSI

Cosa ha spinto dei giovanissimi autori a realizzare, oggi, un documentario su Porta Portese? Riscoperta del patrimonio culturale, fascino dell’autenticità, ricerca di un’identità locale, occasione di creatività e sensibilizzazione. Non chiudete quella porta è un documentario incentrato su Porta Portese, lo storico mercato delle pulci romano, e il suo destino nell’era della transizione digitale. Il film racconta la storia di un luogo simbolico, dove si intrecciano le vite di centinaia di venditori ambulanti, che ogni domenica offrono ai visitatori una varietà di oggetti usati, antichi e curiosi.

Attraverso le testimonianze dei protagonisti, il documentario esplora le sfide e le opportunità che il mercato affronta in un contesto di cambiamento tecnologico e sociale. Come si adattano i commercianti alla digitalizzazione dei pagamenti, alla concorrenza dell’e-commerce, alle normative sempre più stringenti? Cosa rappresenta Porta Portese, e quali valori si rischiano di perdere se questo spazio di incontro e scambio dovesse scomparire?

Il documentario offre uno sguardo critico e appassionato su una realtà popolare che resiste alle pressioni del mercato e della burocrazia, ma che allo stesso tempo cerca di innovarsi e rinnovarsi. Cardine del film è la nostalgia dei testimoni, che raccontano il loro passato guardando al futuro; quando i ricordi schiacciano le speranze diventa dirimente l’utilizzo dei materiali del grande Archivio Luce. Queste immagini smentiscono la memoria dei nostri soggetti, dando vita ad una buffa contraddizione che ci permette di constatare quanto le fratture del nostro tempo siano simili a quelle passate, quindi sanabili. Clienti e operatori di oggi, a Porta Portese, lamentano le stesse preoccupazioni – con le stesse frasi – dei loro colleghi del dopoguerra. Sentir dire da entrambi che i mercati non hanno futuro ci regala la speranza di credere che sia impossibile.

Tra nostalgia e speranza, tra tradizione e modernità, Non chiudete quella porta è un invito a riflettere sul significato e sul futuro di Porta Portese e dei mercati delle pulci. E quali valori si rischiano di perdere se questi spazi di incontro e scambio dovessero scomparire. Dalle note di regia: Come ogni domenica mattina il mercato sorge assieme al sole e noi lo frequentiamo come un qualsiasi cliente. Ci lasciamo trasportare dal fluire dei passanti e ci chiediamo per quante domeniche ancora si ripeterà questo spettacolo. I personaggi atipici del mercato parlano per noi, non servono domande. Basta dire buongiorno per sentirli parlare come si sente parlare un vecchio amico in una rimpatriata. […] Loro possono solo continuare a sorridere e noi possiamo soltanto porci la domanda da soli. Se dovessero sparire anche i mercati, dove s’incontreranno le generazioni che, fra uno scambio e un affare, hanno costruito una cultura lontana dal consumismo senza il minimo sforzo, se non quello di scherzare il più possibile?” 


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