3 Novembre 2014
Mario Monicelli a New York
Una selezione di classici diretti da Monicelli al Film Forum di NY e una mostra fotografica per celebrare, con alcuni mesi d'anticipo, il centenario dalla nascita del regista
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Grazie a una selezione di classici diretti da Mario Monicelli il Film Forum di New York celebra, dal 28 novembre all’11 dicembre, con alcuni mesi d’anticipo, il centenario del nostro regista beneamato. L’omaggio è centrato sul suo periodo d’oro, tra la fine degli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta. Da I soliti ignoti, parodia in chiave realistica e innovativa dei film di rapine che lanciò a livello mondiale la “commedia all’italiana”; fino a I nuovi mostri, una gemma a più mani concepita come un cosciente addio a quel genere prolifico. Il successo fenomenale de I soliti ignoti (rifatto varie volte da altri registi) indusse Monicelli a dirigere La grande guerra, un’epopea coraggiosamente anticonvenzionale sulla prima guerra mondiale che ha ottenuto il Leone d’oro a Venezia (ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini). Con Risate di Gioia trascinò nella caotica “dolce vita” notturna della capitale la popolare coppia Anna Magnani e Totò. Per I compagni trasformò Marcello Mastroianni in un sindacalista idealista di fine Ottocento. Con il picaresco L’armata Brancaleone creò un affresco burlesco sul Medioevo. Per La mortadella – girato a New York – Monicelli utilizzò al meglio il carisma esuberante di Sophia Loren. Nell’esilarante farsa Vogliamo i colonnelli denunciò la crisi politica italiana. Caro Michele mise in luce il lato lirico e letterario della complessa personalità monicelliana. I suoi molteplici volti, passioni, alti e bassi, sono stati finemente delineati ne La versione di Mario, un documentario diretto da un gruppo di suoi giovani ammiratori e allievi.
>> Per il programma completo della rassegna, presentata in collaborazione con Luce Cinecittà, consultare IL SITO filmforum.org
In occasione della rassegna cinematografica, il 25 novembre a partire dalle 18:00 la Casa Italiana Fondazione Zerilli-Marimò di New York, ospiterà una mostra di fotografie inedite e rare dai set dei film di Monicelli più celebri – Risate di gioia, Brancaleone alle Crociate, Amici miei, La grande guerra, Casanova 70 e altri – provenienti dall’archivio personale della compagna di Monicelli, Chiara Rapaccini. Insieme alle fotografie, un’installazione artistica di Rap dedicata al compagno Mario, sarà esposta nel Foyer della Fondazione. A concludere la serata, la proiezione del documentario di venti minuti Vicino al Colosseo c’è Monti, ideato e girato da Monicelli e Rap nel 2008. Una testimonianza originale del rapporto del grande regista con il suo amato rione e l’ultima opera della sua vita. Il documentario sarà presentato da Stefano Albertini, direttore della Fondazione Zerilli Marimò, e da Chiara Rapaccini.
>> Per maggiori informazioni sulla mostra: casaitaliananyu.org
I SOLITI IGNOTI / BIG DEAL ON MADONNA STREET (1958) *
“Sia Age e Scarpelli che io eravamo ritenuti, all’epoca, degli autori di film di serie inferiore. I soliti ignoti segnò la svolta: ebbe un grosso successo anche di critica, per cui la nostra reputazione cambiò. L’occasione de I soliti ignoti nacque in maniera bizzarra: Cristaldi aveva prodotto Le notti bianche di Visconti, e il film aveva richiesto la costruzione a Cinecittà d’una grande scenografia che rappresentava tutto un settore del quartiere di Livorno chiamato Venezia. Allora lui chiese a me e ad Age e Scarpelli – il trio che faceva filmetti a poco prezzo che incassavano bene – se ci veniva in mente qualche idea per sfruttare quella costruzione che era costata molto e nella quale, con qualche piccola trasformazione, si poteva girare un secondo film. Siccome quel quartiere Venezia era un ambiente povero e sottoproletario, pensammo vagamente di mettere insieme una storia di poveri ladruncoli. Poi successe che quella scenografia fu smantellata e l’occasione cadde. Perciò fummo più liberi nell’inventare il soggetto. Partì anche come una parodia di Rififì di Jules Dassin: infatti tra i vari titoli che gli volevamo dare ci fu persino un Rufufù. Mentre in Rififì c’era un colpo attuato in maniera magistrale, con grande precisione, noi volevamo mostrare una banda di cialtroncelli che tentava un colpo più grosso di loro e falliva. Lo facevano nell’esaltazione per i film americani che vedevano: Giungla d’asfalto ecc. L’intoppo arrivò quando m’incaponii nel volere come protagonista Vittorio Gassman. Era molto noto come attore di teatro, ma al cinema lo era soprattutto per i ruoli di vilain. Pensare di fare un film comico con Gassman era una follia! Impiegammo un anno prima di metterlo in piedi. Nel film ci fu un’altra novità: l’ambientazione in una Roma di borgata, tutta grigia e anonima”. Mario Monicelli
LA GRANDE GUERRA / THE GREAT WAR (1959) *
“Quando portai a Dino De Laurentiis il soggetto de La grande guerra, scritto da Luciano Vincenzoni, lui, con la sua mania del gigantismo s’innamorò del film. L’idea di mettere assieme Gassman, il nuovo comico del momento, e Alberto Sordi, che ormai era un grosso nome, lo eccitò enormemente. Dell’evento della Grande Guerra volevo dare l’idea – in collaborazione con Mario Garbuglia, che era lo scenografo – di una specie di grossa pentola in ebollizione, da cui ogni tanto veniva fuori un personaggio; una massa amorfa di umanità, di soldati, di operai, di braccianti, sbattuti nelle trincee in mezzo al fango, lungo i tratturi, da cui uscissero fuori qua e là dei tipi, dei momenti. Alla fine la presenza di Sordi e di Gassman ha fatto sì che tutto questo non avvenisse, almeno nella misura in cui io lo volevo. Ci fu poi una grossa diatriba con De Laurentiis e con i distributori, perché il film finiva in una maniera drammaticissima: la fucilazione dei due protagonisti, dei due comici! Volevano che finisse con la loro liberazione, col trionfo degli eroi”. Mario Monicelli
RISATE DI GIOIA / THE PASSIONATE THIEF (1960) *
“Risate di Gioia era all’origine una sceneggiatura rifiutata da Luigi Comencini, che mi dette da leggere Suso Cecchi d’Amico. Mi piacque l’idea di questa protagonista in giro per tutta una notte, e anche l’idea di lavorare con la Magnani. Mi garbava anche il fatto che il film avesse una unità aristotelica, perché durava il tempo reale; lo dovevamo girare tutto di notte – infatti girammo per 40 notti consecutive. Anche per Risate di Gioia ebbi da lottare. Alla Magnani piaceva il film; era il personaggio di una povera comparsa di Cinecittà che voleva vivere una bella notte di Capodanno, e poi veniva invitata ad una festa soltanto perché erano in tredici; si accorgeva infine della scarsa considerazione in cui era tenuta e finiva con un altro relitto di Cinecittà, interpretato da Totò. La Magnani non voleva come partner Totò, perché secondo lei declassava il film. Tenni molto duro, e finalmente accettò, ma con molta riluttanza. Rivisto adesso il film è piuttosto insolito. C’è un Totò straordinario, più della Magnani. Ci fu poi la piccola scoperta di Ben Gazzara, un ragazzotto italo-americano che avevo visto in un film americano e che feci venire per il personaggio di piccolo magnaccia che la protagonista segue a scapito di Totò”. Mario Monicelli
I COMPAGNI / THE ORGANIZER (1963) *
“Dissi lì per lì a Franco Cristaldi: «Mi piacerebbe fare come al solito la storia di un’impresa fallita. Per esempio: uno sciopero fallito. Un gruppo di operai in condizioni di vitae di lavoro talmente assurde che spontaneamente, per la prima volta nella storia, decidono di astenersi dal lavoro per vedere se riescono ad ottenere qualcosa di più». Cristaldi disse che era un’idea bellissima, così lo realizzammo. Sentivo che non poteva trattarsi di uno sciopero contemporaneo: dive a essere una vicenda estremamente evidente. Essendo la situazione di per sè drammatica, comportava dei risvolti umoristici e patetici; mi dava la possibilità di avere tanti personaggi, ciò che mi è molto congeniale. Il film fu un fiasco colossale. Forse il titolo era sbagliato, perché in quel momento nessuno voleva sentir parlare di scioperi. Poi sembra a un film di propaganda, cupo. Non andarono a vederlo né quelli che erano contrari a priori, né i “compagni»”! Per anni nelle manifestazioni operaie cantarono la canzone riblda de I compagni, con quella pernacchia sfottente; poi usarono lo slogan «resistere un’ora più del padrone». Questo avvenne in seguito, ma al momento fu un disastro”. Mario Monicelli
Settimana Incom del 22/02/1963, le riprese del film di Monicelli I compagni:
ALTA INFEDELTÀ (episodio GENTE MODERNA) / HIGH FIDELITY (episode MODERN PEOPLE)(1964) *
“Il produttore Gianni Hecht faceva molti film a episodi, perciò è stato soprannominato Gianni Sketch! Mi offrì di farne uno, così chiesi ad Age e Scarpelli, a Rodolfo Sonego e anche a Zavattini se avessero un’idea per un episodio. Zavattini mi dette l’idea di un formaggiaro che si giocava la moglie alle carte, tra una bevuta di lambrusco e una boccata di parmigiano. Una storia un po’ alla Crommelynck, che mi piaceva per l’aria padana che conteneva. Lo scrivemmo per Ugo Tognazzi che era perfettamente a suo agio. Poi c’era anche Bernard Blier, che avevo già impiegato ne La grande guerra e I compagni, e che è un grande attore. In questo episodio c’era un sapore padano che curiosamente mi appartiene: in realtà non sono toscano perché tutta la mia famiglia, padre, madre, zii, da sempre sono padani”. Mario Monicelli
L’ARMATA BRANCALEONE / FOR LOVE AND GOLD (1966) *
“L’armata Brancaleone nacque da due cose: da tre paginette che Furio Scarpelli buttò giù, un dialogo tra due contadi i medievali che parlavano di donne; e da un film fallito, Donne e soldati (1955) di Luigi Malerba e Antonio Marchi, di cui vidi soltanto 150 metri che mi colpirono molto (fra l’altro c’era di mezzo anche Marco Ferreri in quel film). L’ispirazione venne così: facciamo un film su un medioevo cialtrone, fatto di poveri, di ignoranti, di ferocia, di miseria, di fango, di freddo; insomma tutto l’opposto di quello che c’insegnano a scuola, Le Roman de la Rose, Re Artù e altre leziosità. Il titolo venne fuori prima del film: era un gruppo di sciagurati che attraversa o un’Italia di orsi e foreste, in un’impresa come la ricerca del Graal, però tutto a un livello miserabile. Nacque come idea di immagini più che di racconto, pensando soprattutto al personaggio Gassman: uno sniffone stupido e coraggioso, generoso quanto incapace. Un grande aiuto visuale lo diede Piero Gherardi; tutto il film venne girato nelle campagne del viterbese, che sono rimaste straordinariamente immuni dal turismo. Venne fuori un film che ritengo non abbia dei modelli precedenti nella storia del cinema, perché non esistevano punti di riferimento: le fonti, come Gregorio VII o Fra’ Salimbene, erano scarsissime, non si sapeva come nell’anno mille andassero vestiti, come salutassero, come mangiassero, nessuno ne sa niente. Fu tutto inventato. È forse il film a cui sono più affezionato, perché trovo che sia il mio più originale”. Mario Monicelli
LE COPPIE (episodio IL FRIGORIFERO) / THE COUPLES (episode THE FRIDGE) (1970) *
“Lo sketch di Le coppie era basato su un personaggio femminile piuttosto insolito: il tema era la società dei consumi. Una coppia molto povera, arrivata a Torino con il mito del consumismo, si trovava alle prese con un frigorifero che rappresentava lo status-symbol del benessere raggiunto. Cominciavano a pagare la prima rata, poi per pagare il resto la moglie decideva di prostituirsi d’accordo col marito. M’interessava mostrare la Torino del boom, con tutte quelle masse di immigrati. Inoltre m’interessava dirigere Enzo Jannacci, un personaggio dalla personalità molto viva, che sarebbe stato un grosso acquisto per il cinema”. Mario Monicelli
LA MORTADELLA / LADY LIBERTY (1971) *
“Carlo Ponti mi propose di fare La mortadella, da girare tutto negli Stati Uniti, con uno sceneggiatore americano. Così cominciò l’avventura di questo soggetto stupidissimo, che in origine non era sulla mortadella ma sul parmigiano! Facemmo una cosa ibrida che non c’entrava né con gli americani né con gli italiani. Lo scrisse Leonard Melfi, un commediografo intelligente con un certo successo off-Broadway, lui conosceva la realtà americana, ma io no. Io e la Suso lo forzammo a scrivere delle cose che per lui non erano giuste: un pastrocchio. Fu comunque un’esperienza nuova quella di girare in America, recitato in inglese e con una troupe americana. Anche in questo film c’era un personaggio femminile abbastanza indipendente, una donna che rimaneva sola dopo essersi liberata dalla schiavitù di un uomo. La Loren era molto simpatica e professionalmente ineccepibile; però anche lei aveva l’ossessione della bellezza e della giovinezza da cui non si poteva prescindere”. Mario Monicelli
VOGLIAMO I COLONNELLI / WE WANT THE COLONELS (1973) *
“Con Age e Scarpelli nel 1973 concepimmo di proposito Vogliamo i colonnelli, perché era il momento in cui di parlava molto di golpe, poi il Msi e Almirante avevano un grosso successo. Nenni stesso face a allusione a dei pericoli di colpo di stato di destra. Riallacciandoci alla solita tematica di un gruppo di imbecilli che si mettono insieme per fare un’impresa più grossa di loro, immaginammo un gruppo di fascisti e di militari che, con l’ottusità che li distingue, si mettevano insieme per tentare un colpo di stato che naufragava nel ridicolo. Il pericolo inesistente veniva però sfruttato da un ministro degli interni democristiano per imporre la legge marziale e prendere in mano il potere. Ci angustiava molto il problema di fare un film divertente e satirico con dei personaggi antipatici: non è facile, perché in genere il comico è simpatico. Fu molto tormentata la ricerca del tono, dei tipi. Sono contento di averlo fatto, perché fu l’unico film di violenta satira politica fatto in Italia. Però risente di certi squilibri nei passaggi dalla farsa al grottesco. Fra l’altro, due o tre anni dopo, gran parte delle cose che avevamo messo nel film, si scoprì che erano state progettate proprio così. L’assurdità del reale raggiungeva quella da noi concepita”. Mario Monicelli
CARO MICHELE / DEAR MICHAEL (1976) *
“Quando lessi il romanzo Caro Michele di Natalia Ginzburg mi piacque molto, per la rappresentazione di una famiglia alto-borghese in disfacimento, il tramonto di un ceto che era stato importante nella storia; forse in Italia la borghesia ha avuto meno importanza che altrove. Questo tramonto dolce, questi rapporti che si perdevano, tra la madre e i figli, il ragazzo di cui si parlava e non si vedeva mai, finché si sapeva che era morto durante una manifestazione. Mi piaceva anche il personaggio della ragazza sbandata che se ne andava in giro, e che rappresentava proprio l’opposto, era l’altro piatto della bilancia rispetto alla famiglia in decadenza. Lei non aveva nessuno dei tabù della borghesia, aveva un figlio di cui non le importava chi fosse il padre, non aveva problemi sul futuro, se aveva 10.000 lire le spendeva per una sciocchezza. Non partecipai volutamente alla sceneggiatura, la scrissero Suso Cecchi d’Amico e Tonino Guerra compiendo un vero miracolo, perché da un romanzo epistolare riuscirono a tirar fuori un racconto in cui non si perdeva niente”. Mario Monicelli
I NUOVI MOSTRI / VIVA ITALIA! (1977) *
“Per I nuovi mostri diressi l’episodio First Aid con Sordi; era semplicissimo, la storia d’un nobile romano che torna a casa in automobile e trova un tizio che era stato investito da una macchina, e cerca poi di portarlo in qualche ospedale ma viene rifiutato da tutti per varie ragioni. Alla fine torna al punto di partenza e lo scarica dove lo aveva trovato. Mi piaceva l’idea di questo nobile, reso straordinariamente da Sordi, un po’ perché rifaceva un nobile che noi conoscevamo; poi perché affrontava la mancanza di solidarietà, il menefreghismo, la disorganizzazione di un’Italia incivile, preda del corporativismo e degli egoismi. Diressi anche l’episodio Autostop con Ornella Muti, sulla psicosi dell’aggressione; era meno spontaneo. Erano dei cascami, degli equivoci della commedia all’italiana, ma ebbero un grande successo sia in Francia che negli Stati Uniti. Anni fa andai a New York per una rassegna di commedie all’italiana, alcune anche vecchie di molti anni, e il pubblico era esterrefatto per l’immagine che davamo dei nostri problemi e dei nostri tabù, così spietata e così violenta, secondo loro. «Noi non potremo mai fare di queste cose!», ci dicevano. «Esiste un cinema in Italia che noi non conoscevamo». E noi gli spiegavamo che erano stati i giornalisti a non farglielo conoscere; al di fuori di Antonioni, Fellini e Visconti non c’era stato altro fino ad allora. Mentre noi eravamo già stanchi di queste commedie, per loro erano una novità. È giusto per me chiamarla «all’italiana», non è un dispregiativo: è una commedia ben definita che niente a che vedere con la commedia all’americana, all’inglese, alla francese. Scava molto più a fondo di quello che non facciano loro”. Mario Monicelli
LA VERSIONE DI MARIO / MARIO’S VERSION (2012, regia di Annarosa Morri, Mario Gianni, Wilma Labate, Felice Farina, Mario Canale)
“La difficoltà maggiore nel costruire un ritratto di uno dei più prolifici e complessi tra gli autori del cinema italiano è stata soprattutto quella di scegliere gli aspetti da privilegiare fra i tanti possibili. Abbiamo cercato prima di tutto di far raccontare a Mario il suo sguardo sulla vita, così intenso e complesso, perché è alla vita che il suo cinema è fortemente legato. Abbiamo cercato tra noi quell’approccio e quella modalità di lavoro collettivo che era uno dei suoi elementi di forza. Ne esce una visione forse parziale e incompleta ma, speriamo, sincera e diretta e capace di dar conto della naturale e sconfinata onestà di un uomo d’altri tempi che lascia a tutti, compresi i più giovani, alcuni strumenti di grande potenza per interpretare e orientarsi nel futuro”. Annarosa Morri, Mario Gianni, Wilma Labate, Felice Farina, Mario Canale
* Dichiarazioni tratte dal volume: Mario Monicelli, L’arte della commedia, a cura di Lorenzo Codelli, prefazione di Tullio Pinelli, Dedalo Libri, Bari, 1986.
VEDI ANCHE:
– Miracolo! Miracolo! Monicelli’s Farces – and Magnani’s Marvelousness – Hit Film Forum (The Village Voice)