5 Dicembre 2014
Scandalo in sala, cinema e potere in Italia
La sfida tra potere e cinema in Italia in un documentario di Serafino Murri e Alexandra Rosati, al Taormina Film Fest il 18 giugno (ore 19.30, Teatro Nazarena)
Quarant’anni di storia del Paese e di “attentati” cinematografici all’immagine dell’Italia stabilita dal Potere. È il racconto di Scandalo in sala, il film documentario di Serafino Murri e Alexandra Rosati distribuito da Luce Cinecittà e al Taormina Film Fest il 18 giugno (ore 19.30, Teatro Nazarena). Scandalo in sala racconta un’Italia molto diversa da quella di oggi. Un Paese in cui il cinema era il “mezzo più potente”, un’industria culturale al secondo posto nel mondo e prima in Europa, e un mezzo capace di incidere profondamente con le sue storie sull’immaginario del Paese; di rappresentare per il Potere qualcosa di insidioso, in grado di turbare e mobilitare la morale comune, di mettere in crisi le sue certezze e attentare alla “normalità”.
Il cinema italiano dagli anni Quaranta agli anni Settanta ha prodotto film straordinari, che hanno avuto la forza di dissacrare totem e tabù del senso comune, rivendicando libertà espressive, dando corpo a desideri e utopie: e provocando scandalo. Da Totò e Carolina di Monicelli a La dolce vita di Fellini fino a Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, passando per I Pugni in tasca di Bellocchio, Ultimo tango a Parigi di Bertolucci e Todo Modo di Petri, Scandalo in sala racconta l’incontro spesso complesso, e a volte lo scontro tra il cinema italiano e il potere istituzionale, politico, religioso, e con l’opinione pubblica.
Una storia fatta di censure, crociate giornalistiche e religiose portate avanti su fronti opposti dalle “due chiese” (come le definiva Pier Paolo Pasolini), i grandi schieramenti ideologici della DC e del PCI; e poi processi penali, sequestri, provvedimenti esemplari. Attraverso i ricordi e lo sguardo di autori come Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci, Nanni Moretti, Wilma Labate, Marco Tullio Giordana, Vittorio Taviani e Francesca De Sapio, ma anche l’analisi critica di Alberto Crespi e Monsignor Dario E. Viganò, un viaggio alla scoperta di un cinema sorprendente, coraggioso, a volte persino spietato, che sapeva coinvolgere il pubblico fino a toccarne l’inconscio collettivo.
Un cinema vivo, capace di portare ancora con sé tutta la forza di un tempo di speranze (e di illusioni) dove l’idea di cambiare il mondo non era una bestemmia o una velleità in una società indifferente e rassegnata, ma un sentimento comune, una necessità, una ragione di vita. Un cinema che non chiede nostalgia, ma sa restituire anche ai giovani di oggi, i ‘nativi digitali’, uno sguardo nuovo e coinvolto sul mondo.
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