3 Novembre 2015
Cinquant’anni e non sentirli
Il 10 novembre al Cinema Trevi di Roma l'occasione per rivedere alcuni film del 1965 a cui la rivista 8½, edita da Luce Cinecittà, ha dedicato nel corso dell’anno una serie di speciali.
Il 10 novembre al Cinema Trevi di Roma (vicolo del Puttarello, 25) a partire dalle 17.00 e in collaborazione con la Cineteca Nazionale, l’occasione per rivedere alcuni film del 1965 a cui nel corso del 2015 la rivista 8½, edita da Luce Cinecittà, ha dedicato una serie di speciali di approfondimento critico. Nel corso dell’incontro verranno presentati anche i numeri 20 e 22 della rivista, in occasione del dibattito con Marco Bellocchio, Gianni Canova e Anton Giulio Mancino, moderato da Emiliano Morreale.
Il mezzo secolo, in un tempo in cui la velocità è un concetto che rende “passato” anche il secondo appena precedente, è un’entità mastodontica da un punto di vista cronologico ma, soprattutto, per quanto concerne la lettura sociale, il senso estetico, la sensibilità critica, mutati secondo le “nuove regole” del contemporaneo e sempre più rapidamente. Proprio per questo, con la sezione “Anniversari. A 50 anni da…”, la rivista 8½ Numeri, visioni e prospettive del cinema italiano ha scelto di riconsiderare alcuni film significativi della nostra cinematografia leggendo in essi il segno indelebile di un’epoca passata, ma al di là di ogni cristallizzazione e dunque in un dialogo incisivo con l’oggi. La Storia (del cinema) è un percorso imprescindibile per attivare la capacità di lettura del presente. Così, la scelta di ripercorrere il cinema innervandosi nel suo passato stimola un confronto critico più consapevole e meno sdraiato sul canone vigente nella globalizzazione, che spesso vuol dire omologazione.
Uno stimolo a riconsiderare un’epoca particolarmente feconda del cinema italiano, come dimostra la varietà di stile e genere dei titoli proposti.
IL PROGRAMMA
ore 17.00 “Non son degno di te” di Ettore Maria Fizzarotti (1965, 115′)
Secondo musicarello con Morandi-Efrikian, prodotto dalla Ultra di Vasile per la Titanus, oggi se ne scopre la libertà nel reinventare l’universo melodrammatico abbinato alla commedia, con irruzione di presa diretta e di voci naturali nel magma del doppiaggio italiano. Grande foto documentaristica di Stelvio Massi e colonna sonora di Morricone» (Germani).
ore 19.00 “West and Soda” di Bruno Bozzetto (1965, 86′)
«West and Soda è il primo importante lungometraggio in animazione prodotto in Italia dopo La Rosa di Bagdad di Anton Gino Domeneghini e I fratelli Dinamite di Nino e Toni Pagot e può essere a buon diritto considerato come il “primo classico dell’età moderna”. Gli ultimi tentativi compiuti erano stati quelli condotti durante la guerra da Domeneghini e dai Pagot. Bozzetto mise in cantiere sin dal 1963 a soli 25 anni questo film, la cui lavorazione durò due anni, realizzando un vero e proprio capolavoro della storia animata sotto ogni profilo, specie se si pensa alla sua giovane età. È importante ricordare che West and Soda ebbe quale sceneggiatore il noto teorico Attilio Giovannini, lo stesso che curò il soggetto e la sceneggiatura originale de I fratelli Dinamite. C’è di fatto che, per quanto il disegno fosse “asciutto”, Bozzetto riuscì incredibilmente a realizzare un film western con attori disegnati; una sorta di Mezzogiornodi fuoco animato. I dialoghi, lo svolgersi della storia, la psicologia dei personaggi ne fanno un vero e proprio cult-movie del western-spaghetti, al pari dei film di Sergio Leone» (Mario Verger).
ore 21.00 Incontro moderato da Emiliano Morreale con Marco Bellocchio, Gianni Canova e Anton Giulio Mancino
Nel corso dell’incontro verranno presentati i numeri 20 e 22 della rivista 8½ Numeri, visioni e prospettive del cinema italiano.
a seguire “I pugni in tasca” di Marco Bellocchio (1965, 109′)
Alessandro, un giovane epilettico, vive rapporti conflittuali con la realtà che lo circonda, in particolare con la sua famiglia. Folgorante esordio del ventiseienne Marco Bellocchio, Vela d’argento per la miglior regia al Festival di Locarno: «Appena il racconto parte, non c’è più niente che lo ferma: come una lucida, inflessibile macchina, la carica demoniaco porta il folle protagonista, attraverso la distruzione degli altri, alla propria distruzione. È un impressionante personaggio che Bellocchio ha estrinsecato, per mezzo di un inedito e intelligente tipo di interprete, Lou Castel, con rara potenza registica. E, nella figura succube, pervertita e patetica della sorella, particolarmente brava e sensibile Paola Pitagora» (Sacchi).