Editoria

11 Maggio 2016

Racconti di Cinema: Rocco e i suoi fratelli

A quarant'anni dalla scomparsa di Luchino Visconti, Rocco e i suoi fratelli ispira il primo appuntamento con una nuova rubrica di 8 1/2, dedicata a storie inedite, scritte da cineasti e intellettuali,

A quarant’anni dalla scomparsa di Luchino Visconti, “Rocco e i suoi fratelli” ispira il primo appuntamento con una nuova rubrica di 8 ½ , dedicata a storie inedite, scritte da cineasti e intellettuali, ciascuna suggerita da un capolavoro del cinema italiano. Il primo dei Racconti di Cinema è di Marina Spada:

Mi chiamo Anna, ho 10 anni e Il mio numero di telefono è 91669. Lo so a memoria perché se vado lontano da via Canonica al 2 e mi perdo, posso telefonare a mia nonna che è sempre in casa e lei mi dice come tornare.  La mattina prima di andare a scuola, mia nonna mi prepara l’uovo sbattuto con 2 cucchiaini di caffè perché sono troppo magra e dice che se non metto su almeno un paio di chili non mi fa più andare a schettinare al parchetto alla fine di viale Elvezia.  Ma gli schettini non c’entrano niente se sono magra perché io mangio tutto quello che mi danno anche se mi piacciono solo le polpette e i cavolfiori. E poi adesso è febbraio e il parchetto d’inverno è chiuso.  Delle sere quando io e mio fratello Fabio, dopo aver mangiato il minestrone, andiamo a letto ma leggiamo per troppo tempo, invece di dormire, mia nonna dice: “Bambini, spegnete la luce sennò sparano nelle finestre”.  Ma scherza perché per fortuna la guerra è finita da un pezzo. Mia madre è operaia alla De Angeli Frua, dove fanno le medicine, e mio padre ha la palestra Ignis dove si fa la boxe e dove è anche l’allenatore.

La mia migliore amica è la Luisa, che abita nel mio stesso portone e tutti mi invidiano perché ho un’amica che ha tre anni più di me. Siamo due con le idee chiare: da grande io voglio fare la centralinista e lei da grande vuole fare l’attrice del cinematografo. Per il mio futuro lavoro mi alleno imparando a memoria i numeri di telefono, la Luisa invece si prepara leggendo e rileggendo un libro che ha trovato per strada e si intitola “Come diventare attrice cinematografica”. Mi spiega spesso cosa c’è scritto: “Il libro dice che bisogna leggere almeno un’ora al giorno ad alta voce per imparare a usarla bene. Magari lo possiamo fare insieme così impari anche tu a parlare al centralino”. Oppure: ” Sai Anna, non tutte quelle che vogliono fare i film devono essere per forza belle. Una può diventare un Tipo se impara a truccarsi e si esercita a essere spiritosa!”.

Prima di Natale mio papà è tornato a casa dicendo che era venuto un signore da Roma per fare delle foto alla sua palestra perché ne stava cercando proprio una come la sua per un film importante e girato qui a Milano. “Ma non è sicuro perché deve far vedere le foto a Roma ai suoi capi per decidere se la nostra palestra è giusta per il film”. Mia mamma ha detto che era d’accordo. Poi mio papà ha detto: “Speriamo perché ci darebbero dei bei soldi, così buttiamo via la cucina vecchia e ce ne compriamo una nuova e buttiamo via anche la ghiacciaia e al suo posto ci compriamo un bel frigorifero!”.
Da un po’ di giorni mio papà torna tardi a casa così mia mamma, quando torna dalla fabbrica, si lava e si cambia e va ad aiutare mio papà perché la nostra palestra al Velodromo Vigorelli è stata scelta e adesso lo stanno girando per davvero questo film. Mia nonna ha detto del film alla signora Giuseppina che l’ha detto a quella del secondo piano che l’ha detto a tutti così adesso nella casa si parla solo di questo e tutte vogliono andare da mio papà per vedere gli attori. La Luisa l’ha saputo prima di tutti perché gliel’ho detto io. Mio papà ha detto: “Non si può assolutamente perché quelli di Roma non vogliono nessuno in mezzo ai piedi ma fra qualche giorno si girerà un incontro di boxe al Teatro Principe di Viale Bligny e ci sarà bisogno di gente per fare il pubblico. Magari riesco a infilare qualcuno e pagano pure”.
Se è per quello non hanno voluto neanche il mio cane Dinki perché quelli di Roma hanno paura dei cani, così il Dinki sta tutto il giorno sotto il letto perché è abituato a stare con mio papà e adesso non sa più dove stare.

Qualche giorno fa stavo tornando a casa con il secchio del carbone e ho trovato sulle scale la Luisa che mi aspettava: “Anna facciamo finta di niente e andiamo col Dinki da tuo papà!”.
Ma sei matta? Assolutamente non si può!”. “Se mi porti ti regalo la mia collezione di bottigliette di liquore”, poi si è messa a piangere perché vuole parlare con un attore del film che è francese e bellissimo e si chiama Alendelon o con il signor Visconti, che è il regista, cioè il capo. Sa chi sono perché ha visto le loro foto sulla Domenica del Corriere che compera sua mamma. Poi ha ricominciato con il suo libro: “Un’attrice del cinema non cammina con le ginocchia rigide ma bisogna che si eserciti davanti allo specchio”. Lei però non ce l’ha in casa uno specchio grande, così va a fare le prove davanti alle vetrine di via Canonica. Si sta anche allenando a sedersi in modo elegante: “Quando ti presenti, ti devi sedere incrociando i piedi sul pavimento tenendo le mani in grembo e la testa dritta. Assolutamente non si deve giocare con la borsetta o toccarsi la faccia”. E poi mi fa vedere come si fa. Allora sono andata in palestra e ho detto a mio padre di aiutare la Luisa e lui è scoppiato a ridere, poi però ha detto che ci penserà e quando dice così qualcosa si inventa sempre. E poi gli ho anche detto: “Papà, perché sul muro non c’è più scritto Palestra Ignis ma Palestra Aurora?”. “Perché per quelli di Roma il nome Aurora è più adatto per un film”. Secondo me non si cambia nome alle cose.

Mio padre si è fatto venire davvero una bella idea: ha detto a me e alla Luisa che ci poteva far andare al Teatro Principe tra il pubblico vestite da maschio perché le bambine non ci vanno a vedere gli incontri di boxe e quando si fa un film tutto deve sembrare vero. Comunque lì io ci sono già stata perché quando fanno gli incontri delle volte hanno bisogno di una bambina, vestita da bambina, che dia i premi ai pugili che vincono così mio papà mi porta e io mi posso mettere il vestito della festa bianco di pizzo con il colletto rotondo e il nastrino di velluto azzurro. La mamma della Luisa si è fatta dare i vestiti per lei e per me dall’Erminia del primo piano che ha tre figli maschi, di modo che ieri pomeriggio siamo potute andare a fare il film al Teatro Principe. Siamo arrivate con mio papà già pronte e lui ha detto che ci chiamavamo Giovanni e Luigi ed eravamo suoi nipoti. Per fortuna io ho i capelli corti e la Luisa aveva il cappello di lana. Abbiamo passato un sacco di tempo intorno al ring con le luci in faccia anche se noi due, grazie al cielo, eravamo un po’ in fondo. Poi è arrivato Alendelon e la Luisa stava per svenire. Ci è passato vicino e lei si è fatta forza e gli ha detto: “Non sono un bambino. Mi chiamo Luisa e voglio fare l’attrice del cinema”. Lui le ha sorriso le ha detto: “Auguri” e poi le ha dato un bacetto sulla guancia. Abbiamo finito tardi ed è stato noioso perché gli attori sono stati poco e Alendelon è andato via con l’autista appena ha finito. Noi pubblico dovevamo urlare “Dai! Dagliele! Bravo!” quando accendevano le luci e ci dicevano di gridare. Siamo tornate tardi a casa in tram con mia mamma che ci è venuta a prendere.

Oggi la Luisa è venuta a chiamarmi per regalarmi la sua collezione di bottigliette di liquore: “Lui mi ha baciato e mi porterà fortuna, vedrai… Diventerò un’attrice del cinematografo come Lucia Bosè, come la Mangano!”. “ Ma sei sicura che ti piacerà stare lì tutte quelle ore con un caldo tremendo?”. “ Guarda che nel mio libro c’è scritto che se per una ragazza i flash dei fotografi contano più di tutto il resto, sei adatta”. “E tu la pensi così?”. “Si! Avrò una villa Roma con la piscina e ti inviterò per le vacanze. Vedrai!”. Mi dispiace che la Luisa debba da grande andare a Roma ed è per questo che le ho ridato le bottigliette: un domani le potrà vendere per comprarsi il biglietto del treno per andare lì. Io non mi sogno neanche: troverò un posto da centralinista qui a Milano perché è proprio una bella città con tanti tipi di pioggia tutti diversi.

Mia mamma stasera non è andata in palestra perché il film è finito e mio papà finalmente è tornato per cena. Hanno detto alla nonna, a me e a mio fratello che domani andremo a comperare tutti insieme la cucina e un bel frigorifero bianco. Poi ha detto a me e a mio fratello: “Se avanzeranno un po’ di soldi compreremo qualcosa anche per voi”. Speriamo, così magari potrò avere un paio di schettini nuovi con gli scarponcini bianchi marca Gioca perché fra poco l’inverno finisce e io potrò tornare a schettinare al parchetto alla fine di viale Elvezia. Sì, speriamo dai!

(di Marina Spada, tratto dal n. 26 della rivista 8 ½ – Numeri, visioni e prospettive del cinema italiano)


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