Mostre

27 Marzo 2017

Pino Settanni, viaggi nel quotidiano

Una grande mostra, un giro del mondo in 80 scatti. Dal Sud Italia ai Balcani all’Afghanistan un altro modo possibile di vedere il mondo. Finalmente la riscoperta di un grande fotografo italiano, Pino

A sette anni dalla scomparsa avvenuta nel 2010, il tempo ci sta mostrando quanto quello di Pino Settanni sia un valore straordinariamente alto della fotografia italiana contemporanea, e la versatilità del suo lavoro – vivace, energico, anche eccentrico – non perda di grana col passare del tempo, ma si stia affermando come un vero classico, più che stabile: in crescendo. A oltre 50 anni dai suoi primi scatti, dopo le esposizioni e i premi internazionali collezionati in carriera, fino all’omaggio postumo all’Expo mondiale di Milano e alla nascita del Museo della Fotografia a lui dedicato a Matera nel 2015, lungi dal considerarsi una scoperta Settanni si va affermando come una riscoperta felicissima. Un artista da approfondire, uno dei grandi fotografi italiani degli ultimi 40 anni, per un pubblico affezionato, e nuovo.  

Ora un’importante mostra a Roma riporta l’attenzione e il punto su Settanni. Pino Settanni. Viaggi nel quotidiano – Dal cinema alla realtà 1966-2005, organizzata presso il Teatro dei Dioscuri al Quirinale di Roma dal 28 marzo al 28 maggio 2017 da Istituto Luce-Cinecittà, curata da Monique Settanni, Gabriele D’Autilia ed Enrico Menduni è un percorso espositivo ricco di oltre 80 scatti, dal bianco e nero degli anni ’60 ai colori digitali del Duemila, che indaga un lato meno celebrato ma cruciale del lavoro di Settanni: il reportage. Settanni è popolare e amato dal pubblico e dall’attenzione critica soprattutto per la sua opera in studio: dagli splendidi ritratti dedicati al mondo del cinema e della cultura – un gioco ‘al nero’ e coloratissimo cui negli anni si sono prestati personaggi come Fellini, Mastroianni, Monicelli, Monica Vitti, Troisi, Robert Mitchum, Lina Wertmuller, Sergio Leone, Alberto Moravia, Enrico Baj e tanti altri – alle serie creative sui tarocchi e sui nudi; un lavoro d’interni che lo ha spesso fatto considerare un fotografo d’arte sul crinale della pittura. La mostra di Roma rivela un Settanni del tutto differente, tale da fare il punto su un fotografo completo, organico e per certi versi inedito. Quelli di Viaggi nel quotidiano sono esterni sul mondo, foto di viaggio di un reporter libero ambientate in territori diversi, che per sintesi si possono definire ‘Sud del Mondo’. La mostra ne abbraccia tre: il Mezzogiorno d’Italia, i Balcani e l’Afghanistan.  

Un piccolo-grande atlante visivo di luoghi spesso visitati dal fotogiornalismo, e dai media, ma che qui vivono di un’originalità di sguardo e taglio eccezionale, che in un arco temporale di un cinquantennio, dal 1966 al 2005, le fanno attualissime, tali da farci vedere dei set noti come se li visitassimo per la prima volta. Foto di viaggio provenienti dal grande Fondo Fotografico Pino Settanni, che nel 2015 è stato da acquisito dall’Archivio storico dell’Istituto Luce, che va curando e digitalizzando integralmente questo tesoro di oltre 60.000 scatti. La mostra ai Dioscuri è anche la prima celebrazione di questa importante acquisizione.        

LA MOSTRA  
Seguendo l’ordine cronologico degli scatti, il percorso parte idealmente con la sezione ‘Sud 1966-1980’. Settanni è nato nel 1949 a Grottaglie, vicino Taranto, e nella città portuale, ancora ragazzo operaio all’Italsider iniziava i suoi scatti, tornando poi negli anni a visitare e indagare i tanti meridioni del paese, impressi in un bianco e nero espressivo, ’colorato’, su temi popolari e paesaggi poveri e familiari, ma mai folcloristici; in reportage mai di denuncia, piuttosto di fiera estetica, ovvero su un’umanità fiera. Nei primi piani dei ragazzini, nei poveri interni, nelle geometrie corali delle piazze, dei lavori umili, di una porta di calcio sul mare, c’è un senso della messa in scena che dice già del legame dell’autore col cinema. E prima di ogni antropologia o analisi sul suo favoloso bianco e nero, del legame con l’umanità del suo Sud. Nell’obiettivo di Settanni l’umanità del Mezzogiorno non è quella di oggetti sociali, ma la più onesta delle sociologie: quella di un fratello.

Uno sguardo che Settanni conserverà, ora a colori, quando su commissione dell’Esercito Italiano impegnato in missione di pace viaggerà ripetutamente nei Balcani, visitando Sarajevo, Mostar, il Kosovo, l’Albania. E anche in questi luoghi – nella sezione ‘Balcani 1998-2003’  il reporter Settanni non fa denuncia, se non con l’attonita osservazione di un ponte distrutto, dei palazzi crivellati dai proiettili, dei paesaggi ammutoliti, simili a quelli del sud italiano dei ’60. Ma anche qui vige un senso paradossale, ma vivo, dell’estetica, della bellezza, che non si direbbe possa più esistere in quei luoghi di devastazione. A restituire dignità e umanità a paesaggi e persone. Nelle foto dalle zone di guerra Settanni incredibilmente prosegue il suo lavoro in studio: attraverso la posa, la composizione, il colore, restituisce umanità ai suoi soggetti. Fuori dal realismo e dall’inchiesta le sue foto cercano estetica e trovano la vita segreta dei soggetti: siano essi Fellini, una ragazza di Mostar, un’altalena vuota.  

Un programma poetico che si corona nella sezione ‘Afghanistan 2002-2005’ dove l’obiettivo tocca, più che in altri ‘set’, le donne. Donne nascoste dai burqa, da lavori estenuanti, dall’indifferenza degli uomini. Un soggetto privo di sguardo, perché coperto, che Settanni ancora mette alla prova dei colori – vivacissimi – dei tessuti, delle geometrie (come nell’immagine su un ‘cimitero’ di carri armati). Come reporter di guerra Settanni mostra uno degli aspetti più provocatori e scabrosi che possano darsi: la vita che continua, la sopravvivenza delle forme nonostante la distruzione.  

Come acutamente osservato dal sociologo Domenico De Masi in una nota al catalogo della mostra, ci troviamo di fronte a un ‘reportage sui perdenti’. Ma perdenti che sono l’attualità e contingenza del nostro mondo: quello del sud Italia di appena pochi anni fa, di una guerra a un braccio di mare da noi, di una polveriera ancora attiva poco più a oriente. Un mondo che non smette di essere urgente, e presente. Da qui il titolo di questa mostra. Che rimanda a una quotidianità comune, solo poco distante, solo di qualche grado spostata, e che ogni giorno chiede di essere osservata e compresa, se si vuole comprendere anche il nostro quotidiano. Con l’occhio del grande fotografo (e la tensione drammaturgica di un filmmaker) e l’etica del reporter, Settanni ci dona quell’osservazione. Le sue foto, di cinquanta o dieci anni fa, parlano all’oggi con intatta, visionaria bellezza.  

IL CATALOGO  
Ad accompagnare la Mostra al Teatro dei Dioscuri un catalogo edito da Contrasto, che correda il magnifico apparato iconografico con testi di approfondimento dello storico della fotografia Gabriele D’Autilia, di Enrico Menduni – tra i massimi studiosi italiani di mass media – del grande sociologo Domenico De Masi e con un ricordo di Monique Settanni, sodale di lavoro e di vita di Pino.    

 

PINO SETTANNI  
Pino Settanni nasce a Grottaglie, in provincia di Taranto, il 21 marzo 1949. Terminate le scuole, nel 1966 si impiega alle Acciaierie Italsider di Taranto, ma fin da ragazzo si dedica alla fotografia e presto si fa conoscere tra gli intellettuali della sua città. Per seguire la sua passione per la fotografia decide di lasciare il lavoro all’Italsider e, dopo brevi soggiorni a Torino e Milano, si trasferisce a Roma nel 1974. Collabora con le sue foto a giornali e riviste e nel 1975 conosce Monique Gregory, sua futura moglie, che dirige una galleria d’arte in via del Babuino e lo introduce nell’ambiente artistico romano. Nello stesso anno pubblica Voligrammi, una serie di fotografie con stormi di uccelli in volo, in cui  individua nascoste armonie. Poco dopo incontra, grazie a Monique Gregory, il pittore Renato Guttuso, con cui parla del progetto di un libro fotografico sulla Sicilia. Nasce una collaborazione tra i due, che durerà per vari anni: Settanni sarà suo assistente e fotografo personale. Il volume che era stato oggetto di quella prima conversazione, La Sicilia di Guttuso, uscirà nel 1980, seguito nel 1984 da Guttuso: fotografia quotidiana. Nel 1986 a Parigi partecipa al Mois de la Photo. Poi, nel 1987, si trasferisce definitivamente nello studio di via di Ripetta a Roma. Sono anni intensi: nel 1989 espone alla Galleria Rondanini di Roma i suoi settantasette Ritratti in nero; dello stesso anno sono i segni dello Zodiaco, poi I Vizi Capitali. La produzione di Settanni assume sempre più frequentemente una forma seriale: collezioni di segni uniti da una ispirazione comune. Nel 1994 sarà la volta dei settantotto Tarocchi, l’anno successivo de L’Alfabeto dei francesi a Roma. Tra il 1998 e il 2005 realizza su commissione dell’Esercito Italiano vari reportage sulle guerre che vedono le truppe italiane impegnate nei Balcani e in Afghanistan. Da essi scaturiscono anche due documentari di Rai Tre, Kabul le donne invisibili (2002) e Balcani, gli sguardi, la memoria (2003), presentati al Festival del Cinema di Locarno. Pino Settanni muore a Roma il 31 Agosto 2010. Nel Marzo 2015 apre a Matera nel Palazzo Viceconte il Museo della Fotografia Pino Settanni.
 

   

PINO SETTANNI VIAGGI NEL QUOTIDIANO.
Dal cinema alla realtà 1966 – 2005
 
Una mostra organizzata e promossa da Istituto Luce-Cinecittà
A cura di Monique  Settanni, Enrico Menduni, Gabriele D’Autilia
  
ROMA – TEATRO DEI DIOSCURI AL QUIRINALE
(Via Piacenza, 1)
29 MARZO 2017 – 28 MAGGIO 2017
Orari: martedìdomenica ore 10.00-18.00
ingresso libero 


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