Cinecittà

27 Aprile 2017

Cinecittà ottant’anni dopo

sta a significare molte cose per il nostro paese e non solo. Sul piano storico, infatti, è l’indicazione come il Fascismo, subendo ancora l’influsso di Marinetti e la fascinazione elettrica del movime

Il 28 aprile 1937 segna una data fondamentale per la Storia del cinema italiano ed internazionale. La nascita di Cinecittà che, unico caso al mondo fuori dagli USA, i tecnici del regime fascista modellarono su Hollywood, perfino dal punto di vista contrattuale, sta a significare molte cose per il nostro paese e non solo. Sul piano storico, infatti, è l’indicazione come il Fascismo, subendo ancora l’influsso di Marinetti e la fascinazione elettrica del movimento futurista, intenda abbracciare immediatamente il cinema come strumento di comunicazione privilegiato nei confronti della nazione.

Anche se la produzione cinematografica del fascismo non è di propaganda (i film programmaticamente fascisti sono un’esigua minoranza rispetto a quanti prodotti e si lascia fare, invece, ai Cinegiornali dell’Istituto Luce) è il modello sociale ad essere promosso dal regime che attraverso il cinema vuole modernizzare la nazione nel suo immaginario, nei suoi usi e nei suoi costumi. Negli anni Trenta il cinema americano ha una quota di mercato di oltre l’80% in Italia dove, ogni anno, si staccavano quasi cinquecento milioni di biglietti per una popolazione di appena quaranta milioni di persone. In questo senso, per l’Italia, la nascita di Cinecittà rappresenta una cesura significativa con il passato e un’occasione per fare di Roma la capitale del cinema a differenza di quanto accadeva negli anni del muto quando città come Torino, Milano e Napoli erano luoghi dove veniva prodotti film. In quella mattina di primavera inoltrata, dunque, nasce con Cinecittà il sogno di un cinema italiano in grado di competere a livello mondiale, che potesse, con i suoi Studios, trarre una proficua collaborazione dalle coproduzioni con l’America e con l’apertura alle produzioni hollywoodiane per film da girare in Italia. L’alleanza con il nazismo e la guerra rallenteranno questo processo, ma non lo cancelleranno affatto.

Anche se i Militari americani rimanderanno la riapertura di Cinecittà, diventato campo per profugi, di molto tempo, per paura di vedere nascere una cinematografia italiana che non erano in grado di controllare, la Hollywood sul Tevere e gli anni d’oro dal 1950 al 1970 non saranno altro che la sublimazione di quel sogno nato nell’aprile del 1938 di potere creare un cinema internazionale e – soprattutto – di riuscire ad esportare i film italiani nel resto del mondo a partire dall’America. Il futuro di Cinecittà, dunque, non può prescindere dal suo imprinting di Studio in grado di ospitare grandi produzioni, e, al tempo stesso, obbligato ad aprirsi anche a produzioni medie per sostenere i costi di gestione. Gli Ottanta anni di Cinecittà stanno, dunque, ad indicare questo: un percorso segnato da un progetto culturale ed economico ambizioso e visionario, che ha cambiato in meglio la vita di tutti noi, grazie al grande Cinema prodotto nei teatri di posa a partire dai film di Fellini. Un progetto che, nell’era delle serie televisive e degli OTT come Netflix e Amazon, non cambia, ma – come è già accaduto in passato – si può adattare perfettamente allo spirito del nostro tempo. Perché Cinecittà è l’epicentro di una grande industria che riserva ancora molte sorprese.

(Marco Spagnoli)


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