28 Maggio 2019
Selfie: la voce del rione in sala
Esce il 30 maggio con Istituto Luce Cinecittà, dopo il passaggio a Panorama alla Berlinale e selezionato anche per l'Italian 'Doc' Fest di Mosca, il film di Agostino Ferrente
Esce il 30 maggio con Istituto Luce Cinecittà (ELENCO SALE), dopo il glorioso passaggio a Panorama alla 69ma Berlinale, Selfie, il film di Agostino Ferrente, prodotto da Arte France e Magneto in coproduzione con Casa delle Visioni e con Rai Cinema in collaborazione con la stessa Luce Cinecittà. Il linguaggio è unico e innovativo. Due ragazzi, amici fraterni, cresciuti nel rione Traiano di Napoli, utilizzano la telecamera del cellulare per autofilmarsi e raccontare il loro punto di vista sulla vita, con il passato sempre alle spalle – anche metaforicamente, nell’immagine – e un futuro incerto davanti. Si parte dalla terribile vicenda di Davide Bifolco, ucciso da un carabiniere che lo ha scambiato per un latitante. Davide non aveva mai avuto alcun problema con la giustizia. Come tanti adolescenti, cresciuti in quartieri difficili, aveva lasciato la scuola e sognava di diventare calciatore. Alessandro e Pietro abitano a pochi metri di distanza da dove è avvenuta la tragedia.
“A produttori e distributori – spiega il regista – inizialmente non piaceva il titolo ‘Selfie’. Lo vedevano solo nell’accezione negativa e voyeuristica del termine. Ma se è vero quello che diceva Pasolini, ovvero che i registi borghesi dissacrano e i proletari consacrano, io mi sento molto proletario e ho voluto ‘consacrare’ questo termine, legittimarlo per mostrare dei ragazzi allo specchio. Questa è stata la mia ‘ossessione’ per tutto il percorso intrapreso nel film. Non cercavo dei co-registi, altrimenti mi sarei rivolto a qualche scuola di cinema, ma degli attori. Ho valorizzato la naturale dimestichezza che i ragazzi hanno col cellulare, come tutti i loro coetanei. Che lo usassero guardando in macchina oppure poggiandolo su un tavolo, o sul manubrio di un motorino, oppure dandolo a un amico e chiedendo di essere ripresi. Non era l’aspetto acrobatico che ci interessava ma far venire fuori personaggio e attore, che in questo caso coincidono. Infatti mi ferisce quando leggo sui social commenti negativi su entrambi, da chi non capisce la differenza tra cinema di fiction e cinema del reale. Napoli è narrativamente stata raccontata tante volte, ma non volevo fare la solita ‘cartolina’, coi palazzoni e il degrado. Era un modo di dare voce a chi in quelle strade ci abita, e il cellulare, a differenza di una videocamera, è uno strumento versatile e che tutti possono usare. Eventi come la morte di Bifolco possono accadere a Rione Traiano come a Buenos Aires, o a Città del Capo o nelle Filippine. Se Davide fosse stato un borghese, probabilmente a sparare ci avrebbero pensato due volte. Poteva essere il figlio del notaio, o del farmacista, o del commercialista. E’ giusto che anche i ragazzi si raccontino e riflettano su quello che gli accade intorno. Non possiamo sempre vederlo dal punto di vista dello scrittore, del sociologo o dell’antropologo. Non ho mai delegato la regia, ero sempre presente. A volte facevo domande e le loro risposte costituivano il film, come quando riflettono sul futuro o si confrontano con le ragazze, già coscienti a quindici anni che i loro fidanzati hanno un destino predestinato: galera o morte. Chi cresce da quelle parti non ha grandi scelte. E’ come un cucciolo di tigre che vede la madre alzarsi e andare a sbranare la gazzella. Lo spaccio di droga è l’attività economicamente più redditizia, non si sta troppo a riflettere sul bene e sul male. I genitori di Pietro e Alessandro, che si alzano alle sei per guadagnare in una settimana quello che uno spacciatore guadagna in un giorno, sono un esempio educativo fondamentale”.
Interviene il direttore dell’Istituto Luce Enrico Bufalini, specificando che “i film hanno la capacità di cambiare le cose, come è avvenuto con il caso di Stefano Cucchi e Sulla mia pelle. L’idea di base è al contempo semplice e innovativa e nessuno ci aveva pensato prima. E naturalmente c’è la presenza forte dei protagonisti, un mix che fa grande il prodotto e aiuterà certamente la distribuzione in sala”.
Tra le sale che lo ospiteranno ci sono a Roma l’Apollo 11 (dove è stata organizzata la conferenza stampa), il Mignon, l’Eden e il Nuovo Aquila, a Milano l’Anteo, il Beltrade e il Messico, e naturalmente uscita particolarmente attenzionata a Napoli.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, dice che “la bellezza è ovunque a rione Traiano, anche nel racconto di una storia amara dove ancora la colpevolezza non è stata giudiziariamente riconosciuta. La bellezza travolgente del film non deve naturalmente mettere in secondo piano gli aspetti sociali e la vicenda umana”. Continua Ferrente: “La camionetta blindata non può essere l’unica presenza delle istituzioni in queste realtà. C’è da riconsiderare il ruolo della scuola, delle associazioni e di tutto quello che si può fare per tenere i ragazzi lontano dalla strada e dai pericoli”.
Parlano anche i protagonisti: “Davide è morto alle tre di notte – dice Pietro – e non faceva niente di male. A volte capita di fare notte anche a noi, ci divertiamo ma non vuol dire che stiamo facendo qualcosa di criminale. Io personalmente ho voluto che nel film si mostrasse il bello e il brutto del nostro quartiere, mentre Alessandro non era d’accordo, voleva dare un’immagine più pulita, pensando che già di Napoli e del Rione si pensasse troppo male. Noi il futuro non lo vediamo, ma spero che possano vederlo i nostri figli”. “Per conoscere davvero il quartiere ci devi vivere – spiega Alessandro – c’è tanta umanità e accogliamo tutti come se fossero di famiglia. Anche con Agostino è avvenuto. All’inizio pensavamo fosse un carabiniere in borghese. Lo chiamavamo ‘Mario’, che è il nome in codice per dire ‘sbirro’, ma poi conoscendolo meglio, ovunque andasse veniva salutato con rispetto”. “Per i ragazzi – conclude il regista – venire a Berlino è stata l’occasione di uscire non solo dall’Italia, ma proprio da Napoli. E’ importante mostrare loro che ci sono possibilità e alternative”.
Selfie è tra le opere selezionate per la prima edizione dell’Italian ‘Doc’ Fest, rassegna di documentari recenti prodotti nel nostro paese che hanno partecipato ai più importanti festival internazionali. In programma a Mosca dal 18 al 20 giugno, la manifestazione è organizzata da Istituto Luce Cinecittà in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Mosca.
A questo link il pezzo da Berlino.