14 Gennaio 2020
Tarkovskij, l’esilio italiano in un doc
Arriva al Trieste Film Festival 2020, dopo le anteprime internazionali nelle prestigiose vetrine del Bafici di Buenos Aires e del Festival di Varsavia, Il dono
Arriva in prima italiana al Trieste Film Festival 2020, dopo le anteprime internazionali nelle prestigiose vetrine del Bafici di Buenos Aires e del Festival di Varsavia, Il dono, opera prima documentaria di Giuliano Fratini: il primo film a documentare un capitolo del tutto inedito – eppure decisivo – della carriera di uno dei grandi del cinema di tutti i tempi, Andrej Tarkovskij.
Prodotto da Infinitas e distribuito da Istituto Luce Cinecittà, Il dono porta alla luce una storia occultata per decenni di uno degli avamposti della storia del cinema mondiale. L’autore di capolavori totali come L’Infanzia di Ivan, Andrei Rublev, Solaris, Lo specchio – il suo film più personale e l’unico a non aver ricevuto premi – è una pietra angolare che continua a influenzare intere generazioni di cineasti.
Andrej Tarkovskij (1932-1986), dopo l’uscita del film Nostalghia, ha esaurito il permesso da parte delle autorità sovietiche di lavorare all’estero: deve tornare in patria. Ma dai messaggi che riceve da alcuni amici e colleghi capisce che in Russia lo aspetta una vita ancor più dura rispetto a quella che da sempre gli è stata riservata, nonostante il talento e i successi come il Leone D’Oro per L’Infanzia di Ivan alla Mostra del Cinema di Venezia del 1962. Decide così lo strappo e, un anno prima della Conferenza di Milano del 1984 in cui annuncerà ufficialmente questa decisione, lascia gli amici romani che lo ospitano e si rifugia in una località segreta, nel tentativo di sfuggire al controllo anche in terra straniera. Inizia così nel giugno 1983 il soggiorno nel paese di San Gregorio da Sassola, suggestivo borgo medievale in cui può respirare un clima di ritrovata serenità a contatto con la natura e con la semplice umanità degli abitanti. San Gregorio come una nuova Zona, anche qui una casa abbandonata come in Stalker, una casa in cui affiorano desideri e visioni. Presto capirà di essere stato scoperto, ritrovandosi di nuovo in cammino verso altre direzioni, ma portando questa volta con sé i germi di una malattia che si rivela al suo carattere profetico proprio durante il soggiorno a San Gregorio. Qui porta a termine degli scritti importantissimi come Scolpire il Tempo, il suo trattato di teoria cinematografica, l’adattamento teatrale del Boris Godunov, ma soprattutto la sceneggiatura di Sacrificio, il suo testamento cinematografico.
Scrive Giuliano Fratini: “Credo di aver visto tutti i documentari che sono stati fatti su Tarkovskij. Non ho mai trovato in alcuno di questi – quello che io ho cercato di far emergere nel mio, ossia quanto fosse legata la biografia spirituale e umana del regista alle vicende politiche in cui era immersa… Cercavo i sentieri della mia infanzia, itinerari eminentemente tarkovskijani – gli incroci della mia biografia con quella del soggiorno tiburtino di Tarkovskij – e ho trovato anche una storia di spionaggio. La mia scelta morale e politica è stata quella di lasciarla”.