22 Febbraio 2022
‘La macchina delle immagini di Alfredo C.’ nei cinema dal 7 marzo
Arriva in sala dal 7 marzo, dopo l’ottima accoglienza all’ultima Mostra di Venezia, il documentario di Roland Sejko, fresco candidato nella decina finalista ai David di Donatello
La grande storia nascosta di migliaia di italiani. La piccola storia di un uomo solo. Insieme in un racconto che parla a tutti noi, oggi. Arriva nelle sale dal 7 marzo, dopo l’ottima accoglienza all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, in concorso in Orizzonti, La macchina delle immagini di Alfredo C., il film di Roland Sejko prodotto e distribuito da Luce-Cinecittà, fresco candidato nella decina finalista per il Miglior documentario dell’anno ai David di Donatello.
A partire da un clamoroso e misconosciuto evento storico, che vide coinvolti migliaia di italiani al termine della seconda guerra mondiale, e dal singolare destino di un tecnico del cinema, La macchina delle immagini di Alfredo C. regala una riflessione avvincente sul potere pervasivo della propaganda. E attraverso l’intreccio di straordinari filmati dell’Archivio Luce – un autentico protagonista del film – e di riprese originali affidate alla voce, al volto e al talento di Pietro De Silva, mette in scena un poema visivo sulla memoria e sulla responsabilità di chi crea immagini, e di chi le vede.
Il film arriva nei cinema con un tour di proiezioni-evento dal 7 marzo, con la prima a Roma al cinema Nuovo Sacher, per toccare Milano, Torino, Firenze, Bologna, Bergamo, Pisa e altre tappe in un calendario in aggiornamento. ( ELENCO SALE )
Aprile 1939. L’Italia fascista occupa l’Albania. Migliaia di italiani, operai, coloni e tecnici, vengono trasferiti nel paese. Novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini. Nel 1945 in Albania si trovano trattenuti ancora 27.000 italiani tra reduci e civili. Tra di loro c’è anche un operatore cinematografico. Alfredo C., operatore della propaganda fascista, ha girato per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime. Ora, da un giorno all’altro, deve fare lo stesso, ma per un regime comunista. Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia. È il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo.
“La storia degli italiani trattenuti in Albania dal regime comunista è quasi dimenticata, coperta dalla valanga di eventi che ha travolto centinaia di migliaia di italiani in altri paesi”, sottolinea il regista Roland Sejko. “La chiave per raccontare è arrivata, come spesso succede, per caso. Quando tra i documenti dell’Archivio Centrale d’Albania, in una richiesta di rimpatrio ho notato un nome che conoscevo: quello dell’operatore dell’Istituto Nazionale Luce in Albania, ora, in quelle carte, dipendente del Minculpop comunista. La sua storia, intrecciata giocoforza con le immagini e le storie di altri, dava l’occasione per elaborare alcuni temi: l’onnipresenza e le tecniche della propaganda, l’incombenza degli eventi storici sui destini personali, la responsabilità della folla e quella dei singoli. E una riflessione sulla responsabilità – di oggi, come di ieri – di chi produce immagini, e di chi le vede”.
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