Studi cinematografici

11 Novembre 2022

Comandante: con il team di Cinecittà per il sommergibile Cappellini

70 tonnellate di acciaio per 73 metri di lunghezza. La ricostruzione del sommergibile Cappellini per il film Comandante, che apre la Mostra di Venezia, vede il contributo di Cinecittà

70 tonnellate di acciaio per 73 metri di lunghezza. La ricostruzione del sommergibile Cappellini per il film Comandante, che apre la Mostra di Venezia, vede il contributo di Cinecittà. I lavori, che hanno coinvolto oltre 100 persone, si sono svolti a tempo di record: iniziati il 23 maggio 2022, si sono chiusi a fine ottobre, a Taranto, con il montaggio e il vero e proprio ‘varo’ nel bacino dell’Arsenale. Ma il risultato, impeccabilmente fedele al modello originale, ha emozionato tutti, in primis la Marina stessa che ospita il set.  

Alla base del lavoro c’è soltanto del materiale fotografico, perché non esiste più traccia di quel modello di sommergibili. Paragonati agli U-Boot tedeschi, noti in tutta la cinematografia mondiale, grigi e senza rifiniture, i sommergibili italiani dell’epoca erano eleganti come le navi. Tra le ipotesi, finite le riprese del film, è di fare del Cappellini un museo di storia navale, istallandovi supporti multimediali all’interno.

A guidare la squadra di Cinecittà è Simona Balducci, architetto, impegnata dal 1999 negli Studi di via Tuscolana. “Il primo approccio con il team della produzione di Comandante è stato quando sono venuti a Cinecittà dicendoci che volevano fare un sommergibile di 73 metri. E che doveva galleggiare – racconta Balducci – Un team di ingegneri e architetti della società che per nostro conto si è occupata fisicamente della realizzazione – la Adamantis Ltd di Narni – ha prodotto gli esecutivi del sommergibile, che parte da una struttura centrale primaria, in pratica una ‘spina dorsale’, che poi si va ad ancorare sui pontoni galleggianti. Poi sono stati fatti gli altri elementi in lamiera sagomata, che si attaccano ad essa. Perché il Cappellini ha una sua struttura molto particolare, diversa da quella dei sommergibili tedeschi o americani, per questo non hanno potuto usare uno di quelli che normalmente si usano per le riprese cinematografiche. Negli anni ’40 del secolo scorso, infatti, furono costruiti undici sommergibili dello stesso modello del Cappellini (Classe Marcello, ndr), esteticamente molto speciale, ma non ne è rimasto nemmeno uno disponibile: nove furono abbattuti nella seconda guerra mondiale e due smantellati alla fine del conflitto”.  

 

 

“Dopo i disegni, è stato costruito un modello 3D con tutte le varie sezioni, le centine, perché in realtà il sommergibile è come una barca – continua l’architetto di Cinecittà, capo progetto per l’intera operazione – Lo scenografo del film Carmine Guarino ci ha fornito le immagini e i volumi, poi l’esecutivo lo abbiamo riportato in cantiere a Narni, con non pochi problemi per trasferirlo sulla lamiera. All’epoca cose di questo tipo si facevano con gli stampi. Oggi, senza quelli, sicuramente qualche minima differenza c’è stata, ma per fortuna li ho convinti che se il centro del film è la storia del comandante Todaro, non se ne accorgerà nessuno. Il team messo in campo da Cinecittà per la ricostruzione del Cappellini ha impegnato il reparto falegnameria dove il responsabile, Paolo Perugini, lavora con DWG e 3D e macchine a controllo numerico; il reparto pittura, con il capo reparto Walter Pennese, che è in grado di riprodurre qualsiasi texture, colore e patinatura; poi un reparto di macchinisti, fabbri e ponteggiatori, guidato da Marco Giuliani, che si occupa di realizzare elementi di scenografia (telai, praticabili, ecc) e di montare fondali ed elementi in quota. Oltre alle maestranze interne, poi, tutta una serie di aziende operanti nel settore con le quali Cinecittà collabora nel caso di progetti di grandi dimensioni, o con tempi di consegna così esigui”. “Per rivestire la coperta abbiamo optato per il larice, una conifera italiana – conclude Balducci – Scelta motivata dal fatto che il Cappellini è del secolo scorso, dove non c’erano i legni di importazione che usiamo ora”. 


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