8 Luglio 2025
Luce Cinecittà a Locarno 78
'Bobò' di Pippo Delbono e 'SHE' di Parsifal Reparato i film documentari targati Luce Cinecittà al prossimo Festival di Locarno
C’è un silenzio che non svanisce, ma resta. Risuona. È la traccia lasciata da Bobò, anima muta e visibile del teatro contemporaneo, ora protagonista dell’omonimo film documentario diretto da Pippo Delbono, in anteprima mondiale al Festival di Locarno (Selezione Ufficiale, Fuori Concorso). Il film racconta la storia straordinaria e reale di Bobò, un uomo sordomuto, analfabeta e microcefalo che ha vissuto per 46 anni nel manicomio di Aversa. La sua vita prende una svolta inaspettata nel 1995, quando Delbono lo incontra durante una visita nella struttura e ne rimane profondamente colpito. Da quell’incontro nasce un legame umano e artistico destinato a cambiare per sempre le loro vite. Attraverso questo incontro, Bobò — fino a quel momento invisibile al mondo — diventa una figura centrale nel teatro e nel cinema di Delbono, rivelandosi un interprete sorprendente, capace di comunicare con forza e poesia anche senza parole. La sua presenza ridefinisce il linguaggio artistico del regista, trasformando il suo modo di raccontare, di guardare, di creare. “Era un poeta del silenzio, un’anima pura che ci ha insegnato l’umanità,” racconta oggi Delbono. “Questo film è un gesto d’amore per custodirne la luce.”
Bobò (regia, soggetto e sceneggiatura di Pippo Delbono) si compone di materiali d’archivio raccolti lungo oltre vent’anni: riprese originali, estratti di spettacoli, interpretazioni teatrali e momenti di vita quotidiana che restituiscono con delicatezza e intensità la figura di Bobò. La digitalizzazione di oltre 300 ore di repertorio s’intreccia con nuove riprese realizzate tra Napoli e Aversa, nei luoghi dove tutto è cominciato. La voce narrante è quella dello stesso Delbono, guida sensibile in un dialogo profondo tra memoria e presente. Il montaggio e la scelta musicale accompagnano il racconto con sensibilità, esaltando la ricchezza visiva ed emotiva delle immagini.
Bobò, figura chiave del teatro di Delbono per oltre vent’anni, ha lasciato un’impronta indelebile: per Le Monde è stato “l’incomparabile attore microcefalo e sordomuto, un piccolo re incerto”; Avvenire l’ha definito “icona poetica di libertà e resistenza”; Doppiozero ha scritto che “trasforma il caos in archetipo”; mentre Il Manifesto ha parlato di “linguaggio silenzioso che tocca l’essenza della vita”. E come ha ricordato Teatro.it, “era l’anima del teatro di Delbono, capace di trasformare la fragilità in forza universale.”
“Siamo orgogliosi di presentare questa storia al pubblico internazionale di Locarno, ” affermano i produttori Renata Di Leone e Giovanni Capalbo. “È la testimonianza viva del potere dell’arte di restituire dignità e voce a chi è stato dimenticato.” Bobò si è spento il 1° febbraio 2019 ad Aversa, all’età di 83 anni. Questo film ne restituisce lo sguardo e l’eredità artistica.
In autunno, Bobò arriverà nelle sale italiane con Luce Cinecittà, avvicinandosi idealmente alla Giornata Mondiale della Salute Mentale (10 ottobre) e contribuendo, attraverso il cinema, alla riflessione condivisa sul tema. Con le musiche originali di Enzo Avitabile, la fotografia di Cesare Accetta e il montaggio di Marco Spoletini, Bobò è una produzione Fabrique Entertainment, Luce Cinecittà, Inlusion Creative Hub, Vargo, con Rai Cinema. L’opera è stata realizzata con il contributo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo, Ministero della Cultura – Direzione generale Cinema e Audiovisivo. Con il contributo ex L.R. 30/2016 della Regione Campania e Film Commission Regione Campania. Produttori: Renata Di Leone, Giovanni Capalbo, Fabio Volpentesta, Marco Garavaglia, Gianluca Varriale, Alessandro Riccardi.
L’altro titolo targato Luce Cinecittà, nella selezione di Locarno 78, è il film documentario SHE di Parsifal Reparato che sarà presentato in prima mondiale alla Semaine de la Critique. Prodotto da AntropicA, PFA Films, Les Films d’oeil Sauvage e Luce Cinecittà, il film squarcia il velo di una contemporaneità abnorme e nascosta, raccontando il polo industriale dell’elettronica di Bac Ninh, in Vietnam, uno dei più grandi al mondo. Un cosmo in cui vivono e lavorano 100.000 persone, di cui l’80% della manodopera è composta da donne, governato da un sistema basato sullo sfruttamento intensivo delle vite, del sacrificio del tempo e delle soggettività delle operaie, sulla perdita della cognizione del tempo, dei bisogni, dei diritti.Una condizione rappresentata attraverso l’anonimato di volti e corpi, e un dispositivo cinematografico di grande forza. Una condizione umana grave, toccante, gelida e reclamante calore, che non riguarda un altrove fantascientifico, anche se le immagini sembrano restituirlo, ma parla di un presente in cui i robot che costruiamo sono già le persone che rischiamo di diventare.